Sabato, 27 Aprile 2024

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Commercio e turismo a rischio

Umbria. Intervista a Giuliano Granocchia, Presidente della Confesercenti regionale

granocchia2L’Umbria era scivolata molto in basso nella classifica delle regioni più virtuose economicamente già con la crisi del 2008. «Non era riuscita a riprendersi soprattutto nei due settori trainanti della sua economia: l’edilizia e il turismo, ci spiega Giuliano Granocchia Presidente della Confesercenti da gennaio di quest’anno. E ciò ha equiparato gli indici di crescita economica della nostra Regione a quelli delle regioni del sud». 

E l’attuale emergenza Covid-19 ha ulteriormente aggravato la situazione specialmente nel settore commerciale non legato alla grande distribuzione: «Qui non registriamo più, aggiunge Granocchia, una discesa dei fatturati, ma siamo di fronte alla scomparsa dei fatturati. Per cui questo settore subirà una pesante ristrutturazione. L’Umbria, prosegue il Presidente, ha già subito la contrazione dovuta alla presenza della grande distribuzione dei centri commerciali con una percentuale tra le più alte d’Italia e per quanto riguarda la filiera legata al turismo non siamo in grado di capire quali saranno i tempi di risposta alla crisi». E si tratta di fare in fretta, perché «il turismo in Umbria pesa per circa il 13% del Pil regionale. Lo scorso anno abbiamo avuto circa 4milioni di presenze turistiche. E quest’anno si prevede che il turismo italiano, trattandosi di turismo a breve raggio, in house per intenderci, potrà coprire solo una parte delle presenze passate». Senza considerare che l’espansione dei centri commerciali nelle aree periferiche e la scomparsa delle piccole attività commerciali di prossimità, finirà per rendere ancora più macroscopico il depauperamento/deterioramento dei centri storici. Si tratta di un fenomeno generale, ma «anche il risultato di grandissimi errori di pianificazione delle politiche del commercio, che sempre più spesso sono andate a braccetto con le politiche di pianificazione urbanistica. Ciò ha comportato l’esplosione della grande distribuzione nelle periferie e ha contribuito allo svuotamento dei centri storici». Ma c’è di più, perché «a questo processo che ormai va avanti da oltre 20 anni se ne sta sommando un altro che colpisce sia il piccolo commercio sia quello legato alla grande distribuzione: l’espansione del commercio online.

In America esso ha fatto esplodere la bolla legata alla grandissima distribuzione commerciale con la chiusura di centinaia e centinaia di megastrutture e, inevitabilmente, il processo avverrà anche in Italia». Il tutto si traduce in una rarefazione delle attività piccole e medio-piccole, perché la valanga che si annuncia in modo visibile, può creare, secondo uno studio dell’Aur, un impatto «della crisi sul Pil umbro compreso in una forbice tra un -2,8% a un - 12,8%. Ma è più probabile che ci si avvicini a un 9/10% di perdita di Pil. A molte famiglie umbre verranno meno quote consistenti del reddito a disposizione, con ricadute sui livelli dei consumi. Questo 12% significa un miliardo e 20milioni in meno sull’economia regionale». L’indebolimento del tessuto connettivo economico e sociale porta con sé inevitabilmente anche un rischio aggiuntivo: quello della criminalità, «perché da sempre la criminalità sfrutta le situazioni di crisi per rafforzare la propria presenza negli appalti pubblici, e le risorse comunitarie e i finanziamenti pubblici di altra natura che sono connessi. In questa fase le sue possibilità aumenteranno in modo esponenziale, perché il rilancio degli investimenti pubblici sarà necessario e la crisi del commercio offrirà altri spazi di intervento. Le piccole e medie attività entreranno in crisi. Ma molte di esse resteranno ancora vive con un mercato potenziale e se si troveranno a corto di liquidità, chi sostituirà queste attività commerciali se non coloro che dispongono di liquidità e possono prontamente investirla? Ci auguriamo che la Regione, in accordo con la Commissione antimafia, le stesse Prefetture e con il nostro contributo come osservatorio possa mettere a punto degli strumenti di controllo che già in Italia per la verità esistono. Però i rischi sono sotto gli occhi di tutti». E in particolare gli ambiti più esposti a questo rischio sono «la filiera del turismo, gli agriturismi, le pizzerie, i bar, i ristoranti e gli Hotel. Già oggi, conclude Granocchia, questi sono ambiti ad altissima infiltrazione malavitosa. Quindi non si può parlare di rischio infiltrazioni, perché la criminalità organizzata nel tessuto economico della nostra regione purtroppo è già ben insediata: il vero rischio è quello di dare un ulteriore colpo all’economia legale dell’Umbria». 

Di Antonio Guerrini


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