Libri
È un messaggio di speranza, visionario, sociale e politico Perché l’infanzia di Francesco Tonucci, Zeroseiup editore: l’immaginazione di un mondo migliore a partire dalla considerazione e dai bisogni più autentici dei bambini.
Francesco Tonucci è un ricercatore (CNR), che ha dedicato la sua vita allo studio dell’infanzia e alla proposta di un nuovo modello educativo: guardare i più piccoli con uno sguardo fermo sul presente, sulla meraviglia e la ricchezza dell’essere bambini per ogni generazione e abbandonare dunque l’adultità come unico parametro per misurare il modo di vivere in questa società.
Benché sappiamo, infatti, che gli anni fondamentali per lo sviluppo della personalità e delle capacità di un essere umano sono i primi sei, è difficile rinunciare a quel comodo cliché in cui tutti noi cadiamo facilmente con i nostri figli o nipotini, trattandoli come futuri adulti: mangia che devi crescere, studia per diventare “qualcuno”: un ingegnere, una ballerina o un calciatore… comportati da “bambino grande”… come se essere piccoli non fosse importante! Un diritto, una gioia, un dono della vita.
Di qui una rivoluzione copernicana nell’educazione familiare e scolastica, nella politica e nella società. Quale valore diamo al gioco in quanto esperienza di conoscenza di se stessi, di formazione del proprio carattere, di conquista dell’autonomia? E soprattutto di occasione di autentico e legittimo divertimento? Come possono i bambini compiere il processo di apprendimento se a scuola la maggior parte di questi si annoia? Come è possibile che un bambino acquisti fiducia in se stesso se non viene mai lasciato uscire di casa da solo fino a 12 anni?
Questo libro (un volumetto di circa 70 pagine) sembra contenere opinioni in controtendenza assai discutibili. Si tratta invece di un’analisi profonda e argomentata delle contraddizioni e dello squallore che abbiamo creato nella costruzione delle città, delle scuole e perfino dei giochi pubblici, applicando il modello dell’efficienza e della razionalità. Ci siamo mai accorti che i giocattoli e i giochi ripetitivi, controllati in spazi chiusi, in cui i bambini non possono inventare e non possono scoprire nulla, per loro non sono divertenti e non sono nemmeno educativi? Proviamo a chiederci se il desiderio irrefrenabile di adolescenti e preadolescenti di sperimentare giochi estremi non possa nascere da una lunga frustrazione di una infanzia supersicura e supercontrollata. Pensiamo se, per esempio, la trasformazione delle aule in laboratori in cui i bambini apprenderebbero tanti linguaggi (non soltanto la lingua e la matematica), senza essere costretti a stare seduti davanti a un banco per 5 ore al giorno, non sia forse anche il sogno di tanti docenti e genitori oltre che degli alunni! E invece tutti i diritti sacrosanti che riguardano i bambini sono stati sottoscritti nella Convenzione dei diritti dell’infanzia (New York, 20 Novembre 1989) e dimenticati, anche nei Paesi democratici, dove i bambini continuano ad essere violati, sfruttati, puniti ingiustamente e troppe volte non ascoltati: il diritto all’amore, al rispetto, allo sviluppo delle qualità e delle attitudini personali, il diritto a essere difesi e tutelati, il diritto all’errore, il diritto di essere se stessi, di desiderare, di richiedere e di reclamare.
Pensare di farsi carico della felicità dei bambini non può che indurci a interrogarci sul diritto alla felicità tout court di homo sapiens, la quale notoriamente, secondo alcune religioni e filosofie, può essere trovata proprio nella cura del nostro “bambino interiore”.
Viviamo tempi di crisi epocali: tutti i valori della civiltà capitalistica sono in discussione, in primis il parametro della “felicità” sottesa al benessere materiale individuale. Ma qualcosa si sta muovendo. Ci sono intellettuali, come Francesco Tonucci, che vedono oltre l’orizzonte ◘
di D.M.