Personaggi. Personaggi. Figure profetiche del nostro tempo
In occasione dell’imminente visita del Papa in Iraq, rievocare la testimonianza spirituale e umana del “piccolo fratello universale”, ci sembra quanto mai pertinente. Dopo le prime biografie del beato - ad opera di René Bazin e J. François Six - la sua vita non ha cessato di infiammare e ispirare i cuori di tanti cercatori. La vita di padre Carlo è stata totalmente ed amorevolmente dedicata agli ultimi della Terra. Sin dagli anni turbolenti dell’inquieta giovinezza, fu sospinto dall’amore per il deserto sub-sahariano. La scoperta del Marocco e dell’Algeria poi, saranno un’autentica rivelazione per lui. È stato infatti uno dei primi a inoltrarsi in quei luoghi remoti, allora interdetti agli europei, celato nelle vesti di un rabbino. In missione per conto dell’ambasciata francese, quell’esperienza gli aprì le porte alla “conversione” a Cristo e al radicale cambiamento di vita.
L’incontro con la cultura araba sulle rotte dei Tuareg
Durante il suo primo soggiorno in terra magrebina rimase colpito dalla loro totale dedizione alle pratiche religiose. Questa visione riuscì a risvegliare quel recondito senso spirituale che gli ardeva nel petto. Così leggiamo nei suoi appunti: «L’Islam mi ha turbato profondamente. La vista di questa fede, di queste anime… mi ha fatto intravedere qualcosa di più grande e più vero delle occupazioni mondane». Possiamo asserire che l’islam (su cui non si asteneva da critiche) abbia preparato il fertile terreno di approdo all’evento cristiano. Dei carovanieri nomadi invece ammirava il senso dell’ospitalità e del continuo peregrinare.
La spiritualità del deserto
Divenuto sacerdote all’età di 42 anni, dopo un periodo di eremitaggio trascorso nella trappa e dalle clarisse di Terra Santa, gli occhi del giovane de Foucauld, si volsero nuovamente al deserto. Prima l’Hoggar algerino, poi Tamarasset e, infine, Beni Abbès, dove si stabilì in un piccolo romitaggio abbandonato. Desideroso di coltivare la sacra legge dell’ospitalità abramitica, della cura degli ultimi e della pacificazione fra le tribù beduine, depose la sua vita come un panno ai piedi della croce. Amava i Tuareg e voleva farli conoscere ai francesi, impegnati in una disastrosa colonizzazione. Lavorò per questo anche a un dizionario in lingua Tamasheq. La morte sopraggiunta tragicamente nel 1916 a seguito di uno scontro fra bande interruppe bruscamente la sua esperienza. Ma i piccoli semi della buona novella, coltivati da fratel Carlo, hanno donato frutti preziosi.
Verso un ecumenismo islamo-cristiano
Charles de Foucauld non ha sviluppato una teologia teorica, ma il suo contatto ravvicinato con i popoli arabi e musulmani fanno di lui un vero precursore dell’incontro tra cristianesimo e islam. Fra i molti teologi che si ispirarono alla sua esperienza ricordiamo il teologo cristiano Massignon (islamologo e orientalista); Georges Anawati (teologo domenicano), studioso dei rapporti fra Europa ed islam in epoca medioevale. La duplice appartenenza, cristiano-religiosa e culturale-araba, è stato il filo conduttore della vita di fratel Carlo e l’elemento connettivo del suo testamento spirituale. Questo fattore gli permetteva di scorgere i semi della verità deposti nel cuore di ogni uomo al di là dell’appartenenza culturale. Una nuova ermeneutica teologica quindi, tesa a esaltare più che il radicamento nel dogma e nella tradizione, il valore universale dell’Incarnazione, operante nel volto nascosto di Gesù di Nazareth. Più tardi nel contesto del Concilio, proprio il teologo Karl Rahner andrà sviluppando la sua teoria inclusivista dei “Cristiani anonimi”. ◘
Di Davide Guerrini