Mercoledì, 04 Dicembre 2024

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La donna ancora esclusa

Chiesa. Il cammino sinodale: intervista alla teologa Adriana Valerio.

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Mentre il vento delle uguaglianze di genere soffia forte nella cultura, nella politica e nella società, è noto come fin qui la Chiesa cattolica abbia resistito al “cambiamento”. Nonostante la recente istituzione del ministero del lettorato e dell’accolitato per le donne, voluta dalla mente e dal cuore aperti di papa Francesco, la diaconia è ancora di là da venire; mentre la gerarchia ecclesiale romana continua ad avere un carattere quasi esclusivamente maschile, ancorata a un passato storico monolitico, a partire dal fatto che il sacramento dell’Ordine rimane riservato agli uomini. Per ricevere approfonditi aggiornamenti sull’argomento abbiamo incontrato Adriana Valerio, prof.ssa emerita di Storia del Cristianesimo presso l’Università “Federico II” di Napoli, direttrice della collana e progetto internazionale e interconfessionale “La Bibbia e le Donne” e autrice di numerosissime pubblicazioni, fra cui un saggio che affronta direttamente il tema: Il potere delle donne nella Chiesa (Laterza 2016).

Qual è il clima che si respira nella Chiesa rispetto al processo di promozione e di riconoscimento dell’opera e del ruolo delle donne?

«È ormai dai tempi di papa Giovanni XXIII, che nell’enciclica Pacem in terris del 1963 riconobbe l’emancipazione femminile come un segno dei tempi e dal Concilio Vaticano II che ha aperto alle donne le facoltà teologiche, che si respira nella Chiesa un’aria di cambiamento. In questi anni da parte delle donne cattoliche tante sono state le richieste di riforme per una maggiore visibilità e un più adeguato riconoscimento del loro ruolo. Molto è cambiato, almeno nella sensibilità dei credenti, oggi più consapevoli della dignità femminile, ma ancora poco si è fatto a livello istituzionale per cui emergono sempre più tra le donne le amarezze per le forti resistenze clericali che monopolizzano la vita ecclesiale. Bisogna anche dire che le nuove generazioni si allontanano sempre più dalla Chiesa, perché non la riconoscono come un luogo dove sentirsi protagoniste. Lo scollamento tra le faticose conquiste delle donne nella società civile e la palese emarginazione ecclesiale, che non offre spazi reali di decisionalità, genera sia delusione in chi crede ancora al messaggio liberatorio del Vangelo che vorrebbe incarnato in una Chiesa di uguali, sia distacco in chi non spera più in cambiamenti di rotta nei vertici».

La negazione del potere delle donne appare oggi come un dato sempre più “ingombrante”, proprio per la distanza rispetto ai progressi che si sono ottenuti sia nella società civile, sia rispetto al papato di Francesco, che si è distinto nello sforzo di riportare la sua pastorale più vicino al messaggio evangelico e di conseguenza all’affermazione della assoluta parità fra uomini e donne. Cosa ne pensa?

la donna ancora esclusa altrapagina mese marzo 2022 3«Tante volte papa Francesco ha sollevato la questione del superamento del clericalismo, affinché la Chiesa ripensi se stessa rinnovandosi e ha aperto alle donne alcuni spazi prima a esse preclusi. Ma siamo ancora lontani dal mettere in pratica opportune strategie pastorali che conducano a effettive parità e uguaglianza. Nonostante le parole e i gesti del Papa, il potere di governo e di magistero rimangono nella Chiesa di esclusiva competenza del clero. Spesso questo si sente anche nelle parole di vescovi che elogiano ed enfatizzano l’importanza della donna e del suo ruolo di umanizzazione, eppure non si abolisce quel principio di impedimentum sexus, che stabilisce da secoli l’esclusione della donna dai ministeri per la sua stessa “natura”. Alla donna si concede al massimo di cooperare o di affiancare il prete: non le si riconosce l’autonoma capacità di governo, né le si consente di intervenire nei processi decisionali. Evidentemente bisogna superare ancora le sedimentazioni storiche, prendendo sul serio i principi di uguaglianza e di fraternità-sororità, attraverso un modello inclusivo di partecipazione di tutti i credenti, per recuperarlo, attraverso quell’annuncio di Gesù di Nazaret che trasforma la vita. La Chiesa dovrebbe applicare anche al suo interno il messaggio di amore e di condivisione di Gesù che sovverte le gerarchie e i poteri del mondo, superando ogni casta e discriminazione e mettendo al centro la persona chiamata a realizzare una comunione solidale nel servizio reciproco».

Secondo lei c’è un movimentismo “dal basso” che spinge per una reale emancipazione delle donne all’interno della Chiesa? Qual è il suo perimetro?

«Ci sono varie spinte all’interno della Chiesa: le donne delle comunità di base per esempio portano avanti da anni riflessioni e prassi di emancipazione, spesso sganciate dalle parrocchie, ma coerenti con un proprio percorso maturato dentro piccoli gruppi. Ci sono poi le religiose, sempre più coraggiose nell’intraprendere progetti educativi e pastorali, che le vedono protagoniste soprattutto nelle terre di missione, dove riescono a svolgere vari ministeri ecclesiali guidando anche comunità e parrocchie. Ci sono le teologhe – in Italia aggregate nel Coordinamento Teologhe Italiane –, che producono pubblicazioni di alto livello scientifico, creando tante occasioni di dibattito. E sono proprio le teologhe a indicare una nuova visione antropologica, alternativa a quella patriarcale della Chiesa; a mettere in discussione l’assetto istituzionale governato da un sistema di potere clericale ed escludente; a proporre una ri-lettura della Bibbia interpretata in maniera liberante per le donne, attraverso, per esempio, l’esegesi femminista ben rappresentata nel progetto internazionale e interconfessionale “La Bibbia e le donne”, che, con la pubblicazione di una collana di 20 volumi in 4 lingue, cerca di superare pregiudizi e false interpretazioni». ◘

di Daniela Mariotti


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