Indizi di verità.
Brunella Bruschi nasce in un vecchio quartiere di Perugia, Monteluce, che fu nucleo della città etrusca.
Laureata in Lettere classiche, ha insegnato nei licei cittadini, con passione e professionalità, letteratura italiana e latina.
Ha pubblicato numerose raccolte poetiche: Gioco d’attesa, Ed. Umbria, 1983; Testi pretesti lineature, Fonema Editrice, 1989; Il bistro e la sabbia, Ed. Tyrus, 1997; Drama, Ed. Tracce, 2001; Deep Focus, Ed. Guerra, 2000; Lune persuase, Fara Editore, 2007; Befane, maghi, rospi, rane e... altre creature per niente strane, Re-Active, 2008; A che titolo, Morlacchi, 2010; Elementi d’amore, Morlacchi, 2011; Punto Smirne, Morlacchi, 2013; Gli occhi, la voce, Fara Editore, 2015.
Sue liriche sono presenti in numerose antologie e riviste nazionali.
Ha ottenuto numerosi e significativi riconoscimenti tra cui il Premio “Sandro Penna”, il Premio “Eugenio Montale” e il Premio “Nuove scrittrici”. Nel 2006 ha ottenuto il riconoscimento “Poeta umbro dell’anno” al Premio “Gens Vibia”.
Ci ha lasciati il 1 marzo 2015.
Per l’intera vita, una forza magnetica ha attratto Brunella a scrivere versi, orientandone in più direzioni lo sguardo interlocutorio, volto a scavare nell’anima e nella natura, a indagare le cose del mondo, dei sentimenti, ma anche i nuovi modelli umani dominanti.
La ricerca affidata ai versi è quella di una possibilità di costruire ipotesi di secondo tipo, di reperire un indizio di verità. Non è la fede nel potere magico e visionario della poesia, ma la sua forza conoscitiva a guidarla, grazie a una vocazione all’indagine dell’intelligenza acutissima, alla passione per l’arte e la cultura, simbiotica con l’indole creativa, ad una lucida laicità che rifiuta facili consolazioni e, a ciglio asciutto, interpella le molteplici forme dell’esistenza. La qualità pulviscolare della poesia si dichiara soggetto della ricerca e dell’apertura al mondo.
Alle opere della maturità, l’esperienza di un passato recente, attraversato dal dolore e dalla sofferenza, ha indicato più sicuro l’approdo ad un sentimento della vita assoluto, essenziale.
Lo scavo affidato ai versi, sempre più intenso nel tempo, ha prodotto la piena maturazione di una nuova consapevolezza: quella del rapporto più empatico con l’universo, con gli altri, dell’incontro con la pietà, generata dall’esperienza del dolore, delle lacerazioni interiori, della fragilità individuale ed universale: Se non incontri/ la tua pietà/ la scrittura è greve/manovalanza/ (e tu un treno impazzito/ senza finestrini). Lo scavo corrisponde alla messa a fuoco di un linguaggio più limpido nella sua densità, anche arduo nella tensione espressiva, con il pregio, da sempre evidente, dell’originalità metaforica rara, folgorante.
Fiori e animali, testimoni della precarietà e della tenace lotta per la vita, popolano i versi, accanto ai ritratti sobri e struggenti, tra i tanti, del padre e della madre, modelli diversi di un’eticità che li solleva dalla dimensione privata del canzoniere intimo, del canto, pur intenso, degli affetti familiari. Esseri iscritti entro il comune orizzonte della precarietà, dalla quale nemmeno le stelle cadenti si salvano, attori di una moralità dolorosa e delicata che salda la corrispondenza tra tutti i figli della natura, madre per nulla perla.
Il lessico antilirico, icastico, attinge anche all’esattezza dei linguaggi settoriali, post-grammaticali, incastonati nel verso come pietre scabre e acuminate.
Appassionatamente attenta ai segni del nostro tempo, per una sensibilità pedagogica aperta e dialogante, Brunella ha affidato alla poesia la denuncia del vuoto affettivo e colto l’assenza dell’alfabeto delle emozioni in giovani e adulti nei recenti anni, la difficoltà ad educarle, con l’effetto di una persistente afasia dell’anima.
Se la civiltà dell’afasia dei sentimenti è vuoto, annullamento, l’antidoto è la poesia che mette in fuga almeno questa morte. ◘
di Roseswella Regni