Cinema.
Con il “caso Moro” si è soliti indicare gli avvenimenti (spesso addirittura in disaccordo fra loro) che riguardano il sequestro, la prigionia e l’uccisione del politico democristiano Aldo Moro. Gli avvenimenti sono questi. È il 16 marzo 1978, giorno in cui il Governo italiano guidato da Giulio Andreotti si appresta a ottenere la fiducia in Parlamento. L’auto che dall’abitazione di Aldo Moro porta alla Camera dei deputati viene bloccata da un nucleo armato delle Brigate Rosse in via Mario Fani. In poco tempo i brigatisti mettono fuori combattimento i due carabinieri e i tre poliziotti della scorta, sequestrando l’esponente della Democrazia cristiana. Moro viene trattato alla stregua di “prigioniero politico” e viene incarcerato nelle “prigione del popolo”. La sua “carcerazione” dura 55 giorni, durante i quali le Brigate Rosse chiedono uno scambio fra lo statista democristiano e compagni del terrorismo, ma senza arrivare ad alcun risultato. La trattativa tra lo Stato e i terroristi si rivela complessa. Il 9 maggio del ‘78, Moro viene ritrovato senza vita nella ‘prigione metallica’ di una Renault in Via Caetani, nel cuore della capitale alla stessa distanza della sede del Partito Comunista e della Democrazia Cristiana. La Commissione Parlamentare d’inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro, nella relazione finale (2017) dichiara che: “….non si intravede una regia unica tra i protagonisti attivi od omissivi della vicenda Moro. Emerge, al contrario, come si sia innestata sull’operazione militare delle Brigate rosse l’azione di una pluralità di soggetti che per ragioni diverse, influirono sulla gestione e tragica conclusione della vicenda”.
‘L’affaire Moro’ non riempie solo le prime pagine dei quotidiani e le edizioni dei telegiornali, ma arriva anche sul grande schermo. Al fatto vengono infatti dedicati diversi film. In primo luogo Il caso Moro del 1986 diretto da Giuseppe Ferrara, che ripercorre cronologicamente quei terribili 55 giorni che hanno tenuto l’Italia con il fiato sospeso. Nel cast, tra i tanti, Gian Maria Volonté nei panni del protagonista, Margarita Lozano, Daniela De Silva, Sergio Rubini, Emanuela Taschini, Augusto Zucchi, Ginella Vocca e Mattia Sbragia. Il film non è certamente un capolavoro (a parte l’interpretazione superba di Volontè), ma tiene in considerazione lo stato d’animo del presidente proveniente dalle lettere scritte da lui stesso. Interessante è anche Buongiorno notte di Marco Bellocchio (2003), ispirato al libro del 1998 Il prigioniero della ex brigatista Anna Laura Braghetti. Attraverso un resoconto che mescola la narrazione del romanzo con documenti televisivi originali dell’epoca, il regista rievoca il dramma umano dello statista democristiano e il dubbio che si fa strada in Chiara, una appunto delle brigatiste. Il doppio livello narrativo ci presenta drammatici stralci degli “interrogatori” a cui lo statista è sottoposto durante la sua prigionia e le proiezioni oniriche che culminano con la sua ipotetica liberazione. Non tanto dunque una indagine storica, ma una riflessione psicologica sull’animo umano dal punto di vista femminile.
Bellocchio è tornato recentemente sulla vicenda con Esterno notte che segue le reazioni psicologiche dei protagonisti (dal Presidente Dc a Cossiga, da Eleonora Moro a Papa Paolo VI, sino agli stessi brigatisti). Il film non manca di focalizzare i nodi principali di quei due mesi in modo obiettivo, facendo giustizia di tanti luoghi comuni. Vediamo, così, l’agguato di via Fani finalmente ricostruito per quello che è stato, né più né meno, cioè un’azione realizzata dai soli BR (cui non mancano uomini particolarmente addestrati), senza bisogno dell’aiuto di reparti speciali di Cia o Kgb, di mafia o ‘ndrangheta, né della presenza di individui in motocicletta presunti fiancheggiatori dei terroristi (di cui s’è incredibilmente ipotizzato negli ultimi anni). Così vediamo l’”amerikano” Steve Pieczenik, il consulente, specializzato in lotta al terrorismo, dell’amministrazione Carter richiesto dal governo Andreotti, parlare più volte con Francesco Cossiga. Quindi tornarsene dopo poco tempo negli Usa, una volta constatato (come da lui stesso raccontato, pochi anni fa, in una celebre intervista) il ben scarso desiderio di molti esponenti della stessa Dc di veder ritornare Moro vivo. Anche la TV ha realizzato alcune fiction su Aldo Moro. Una di queste ha per protagonista Michele Placido. La storia è la medesima, ovviamente. La famiglia di Aldo Moro e i congiunti delle vittime della strage di via Fani non presenziano all’anteprima della miniserie televisiva criticando pubblicamente “il tentativo di sfruttamento mediatico del loro dolore” attraverso una lettera firmata dalla moglie e dai figli di Moro e da Maria Rocchetti, Ileana Leonardi, Adriana Zizzi, Angelo Rivera, Ciro e Vincenzo Iozzino (congiunti della scorta di Moro). Numerosi esponenti democristiani (Forlani, Andreotti … ) presenti all’anteprima dell’opera, non hanno mostrato di gradire la ricostruzione televisiva. Forlani ha addirittura definito la miniserie “Una pregevole opera di fantasia”. ◘
di Pietro Mencarelli