Sabato, 27 Aprile 2024

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La grande vergogna

Editoriale.

silvia romano2

Ci sono delle immagini che parlano da sole per descrivere la tragedia che si è consumata nelle spiagge di Steccato di Cutro. Gli abitanti del luogo sono andati in processione issando le assi del barcone affondato perché simili tragedie non debbono ripetersi. La gente del mare sa per esperienza che i naufraghi possono essere salvati, se la Guardia Costiera fosse intervenuta in tempo e la  Finanza si fosse limitata a perlustrare le coste dello Jonio.

Rimane solo la commozione di tante vite spezzate che erano arrivate a un passo dalla salvezza e che l’incuria e la pigrizia della politica ha affossato per sempre. Parlano i volti: la campionessa che voleva curare il figlio disabile, la promessa sposa che doveva incontrare il fidanzato, la studentessa afghana che voleva studiare, il piccolo rimasto solo perché la barca è affondata, un anello di matrimonio affidato al mare, il sedicenne che voleva andare in Germania, il più giovane che desiderava visitare Venezia.

Gli oggetti raccolti sulla spiaggia di Steccato di Cutro sono ancora più commoventi: parlano di una quotidianità schiacciata e di una vita che non ha ancora avuto il tempo di fiorire. Il pescatore che ha adagiato i corpi sulla riva non se la sente nemmeno di andare a pescare in questo braccio di mare. È rimasto sconvolto. C’è un tratto di umanità e di compassione di fronte alla tragedia che la politica non riesce nemmeno ad avvertire, abbarbicata com’è nel gergo burocratico. I discorsi di Piantedosi sono agghiaccianti, sono il simbolo della vergogna in cui siamo sprofondati.

La Magistratura dovrà appurare i fatti, un pool di avvocati assisterà le vittime, la Giustizia dovrà avere il suo corso. Nel frattempo i familiari chiedono i loro corpi per poterli piangere. ◘

 

Redazione


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